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Ceramica dell’antica Daunia al museo archeologico di Jesi

Si possono studiare i popoli antichi non solo sui libri di storia, ma perfino nelle sale di un museo che si trova nella propria città. Quest’anno noi ragazzi della II B, per approfondire lo studio dei Piceni e di altri popoli italici, abbiamo visitato il museo archeologico di Jesi, dove abbiamo potuto osservare svariati reperti risalenti a diversi periodi storici e provenienti da varie zone geografiche.

Una tra queste è la Puglia, i cui reperti, mostrati all’interno del museo, hanno attirato la nostra attenzione; di conseguenza abbiamo cercato di risalire ai motivi che hanno portato questo materiale pugliese a essere conservato  nella nostra città. Per elaborare questa ricerca abbiamo ritenuto opportuno interpellare una docente di lettere del nostro liceo, la professoressa Claudia Cirilli, la quale si è occupata di questi antichi oggetti nella sua tesi di laurea.

Il materiale  in questione, comprendente novantatré oggetti, è pertinente a una pregevole collezione privata, appartenuta ai coniugi Pasquarella-Spridgeon di Cupramontana, donata nel secolo scorso al Museo Civico di Jesi. Si tratta di reperti archeologici appartenenti a vari corredi funebri dauni, collocabili tra il IX e il II secolo a. C., in gran parte provenienti da Ascoli Satriano, in provincia di Foggia, riconducibili alla civiltà dell’antica Daunia e probabilmente frutto di antichi scavi ottocenteschi.

L’antica civiltà dei Dauni si è sviluppata a partire dall’età del ferro (IX-VIII sec. a. C.) fino al IV secolo a. C., occupando la zona della Puglia compresa tra i fiumi Fortore e Ofanto, che corrisponde all’attuale provincia di Foggia, ma che si è estesa successivamente anche verso Canosa, Ruvo e infine nel Melfese.

La Collezione Pasquarella comprende un nucleo cospicuo di reperti sia dal punto di vista numerico sia qualitativo, rappresentato da ceramica subgeometrica daunia, da ceramica apula a figure rosse, a vernice nera, sovradipinta, di stile Gnathia, da vasellame acromo, da terrecotte figurate e alcuni oggetti in bronzo (uno specchio, due bracciali, una fibula e un vasetto con ansa, entrambi in bronzo).

Il dottor Pasquarella, originario di Ascoli Satriano, ha ricevuto in eredità questi oggetti e successivamente li  ha donati al Museo Civico di Jesi con il desiderio di rendere questo prezioso materiale fruibile a tutti e soprattutto oggetto di studio e ricerca.

Nonostante il vasto arco di tempo in cui si colloca la produzione vascolare e bronzea in questione, una buona parte del Catalogo è dedicata alla ceramica geometrica della Daunia, inquadrabile nelle due fasi principali della produzione locale, il Subgeometrico Daunio II e III, tra il VI e il IV sec. a. C.: si tratta di brocche, olle, attingitoi, plasmati spesso a mano, con vivace decorazione bicroma o monocroma che arricchisce nell’ultima fase i motivi geometrici (fasce, losanghe, triangoli, archetti penduli, motivi a W…) con raffinate decorazioni floreali. Quasi tutta la ceramica indigena  presenta spesso in prossimità delle anse suggestive appendici plastiche di tipo antropomorfo (mani tese) e zoomorfo (protomi di animali, corna…) o altri elementi decorativi plastici, come pastiglie discoidi, tutti elementi che attribuiscono un misterioso significato propiziatorio e apotropaico a questi contenitori con probabile funzione rituale funeraria.

Questi vasi tradizionalmente modellati a mano coesistono nei corredi funebri dell’antica Daunia insieme alla ceramica tornita di importazione e successivamente di imitazione greca, come la ceramica a figure rosse, i vasi a vernice nera o suddipinta e di stile Gnathia: questo materiale di influsso greco non solo attesta una fase di iniziale apertura dei Dauni alle manifestazioni artistiche esterne, ma conferma la presenza di una dinamica rete di scambi e traffici commerciali, che coinvolgono le città di Ascoli Satriano, Ordona, Arpi, Lucera, Melfi, Canosa e importanti insediamenti greci, come Taranto, Metaponto oltre ad alcune colonie della  Campania. Alcuni dei pezzi, di sicura importazione apula o di altre zone della Magna Grecia, attestano la crescente disponibilità economica di questa antica civiltà italica, dove, accanto a individui di modesta estrazione sociale (contadini, allevatori), emerge un ceto sociale dominante di principi e cavalieri mercenari sicuramente interessati all’adozione di “soggetti colti ellenizzanti” accanto a quelli di repertorio tradizionale, che tuttavia continuano a essere prodotti fino alla fine dell’ultima fase del Subgeometrico Daunio III.

Filippo Stefanini e Davide Zitti

(con la supervisione della prof. Claudia Cirilli)