ippogrifo

Come eravamo

Memorie del nostro Liceo Classico negli anni Sessanta.

Allievo del nostro liceo nei primi anni Sessanta, innamorato degli studi e della formazione classica, da sempre sostenitore del valore della nostra scuola, il dottor Giovanni Giampaolini, per tanti anni medico di famiglia nelle nostre zone e specialista in medicina dello sport, oggi in pensione, ci ha riservato l’onore e il piacere di una suggestiva “immersione” nel Liceo classico dei suoi tempi, diverso da quello di oggi ma con tanti elementi di continuità che ci fanno commuovere e sorridere. Grazie!

Cari ragazzi,

sono un medico ormai in pensione e un ex alunno di questo favoloso Liceo Classico dove ho conseguito la maturità nel 1966. Ho avuto il graditissimo incarico dalla vostra insegnante Patricia Zampini di raccontarvi come era la scuola in quei lontani tempi che mi videro giovane come ora siete voi. Tutto era diverso, ma è bello vedere che le generazioni di studenti passano mentre il nostro vecchio, caro liceo è sempre qui.

Devo fare una premessa per farvi comprendere il perché di tante situazioni di allora. Il nostro curriculum scolastico cominciava alle elementari con due esami di stato, in terza elementare e in quinta. Dovevamo poi sostenere l’esame di ammissione alla scuola media, dove venivamo esaminati dai professori che dovevano decidere se eravamo idonei alla nuova scuola. Questo esame si poteva dare solo una volta e i non ammessi dovevano frequentare la scuola di avviamento professionale dalla quale potevano accedere agli istituti tecnici, ragioneria e geometri. In prima media iniziavamo il latino con cinque ore settimanali, studiavamo anche italiano, storia, geografia, matematica e disegno. Dal secondo anno si aggiungevano musica e lingua straniera. Le nostre compagne femmine avevano una materia in più, economia domestica. All’esame di terza media portavamo tutte le materie compreso lo scritto dall’italiano al latino ed avevamo studiato tutta la grammatica latina. Eccoci finalmente al IV ginnasio. Ricordo ancora il primo giorno in cui il preside Cremona ci disse che nessuno ci aveva chiamato a quella dura scuola, che non si ammettevano proteste, che dovevamo sempre presentarci in giacca e cravatta e soprattutto che nessuno doveva osare dire che frequentava il liceo classico perché quello era il ginnasio e molti non sarebbero mai arrivati al liceo. In effetti circa la metà ci arrivò, mentre gli altri bocciati all’esame di quinto ginnasio erano destinati ad essere “riciclati” (questa era la percezione che se ne aveva allora…) all’istituto magistrale, con conseguente impossibilità di accedere all’Università ma solo al Magistero che permetteva poi l’insegnamento alle scuole medie inferiori. Voglio raccontare un episodio che oggi sembra incredibile: un giorno del IV il preside ci disse che dovevamo tutti scendere in strada con i nostri professori per andare di fronte al Comune a protestare perché il governo aveva consentito l’accesso alla facoltà di Giurisprudenza agli studenti del liceo scientifico che fino a quel momento potevano accedere a tutte le facoltà ad eccezione di Lettere classiche e, appunto, di Giurisprudenza. Solo dal liceo classico ci si poteva iscrivere a tutte le facoltà, ragioneria poteva accedere solo ad Economia e commercio, geometri a Ingegneria edile e l’istituto tecnico a Ingegneria nell’indirizzo scolastico specifico. Eravamo veramente dei privilegiati. Il ginnasio era una scuola dura, molto selettiva con un unico “vantaggio”, quello che poi persisteva anche al liceo, di avere la matematica solo orale anche nel voto in pagella. Giunti alla fine del V ginnasio i professori del liceo ci esaminavano per controllare se la nostra preparazione era idonea al grande salto. All’esame portavamo tutto il programma dell’anno più la storia greca del IV. Gli scritti erano: italiano, latino-italiano, italiano-latino, greco e lingua straniera. Da notare che la grammatica e la sintassi di latino e greco erano state completate. Eccoci al grande salto, finalmente eravamo liceali. In primo liceo non avevamo più la lingua straniera e cominciavamo filosofia, scienze, fisica e storia dell’arte.

La scuola era molto impegnativa e selettiva, tutta imperniata sul greco e sul latino, con particolare riguardo alla traduzione dall’italiano in latino, con attenta cura allo stile che doveva essere ciceroniano. Avevamo un’anziana professoressa di scienze e chimica, per tutti “Memmetta” bravissima ma ipovedente, per cui prendere buoni voti era facile come rubare in chiesa, ma per necessità eravamo tutti sacrileghi. Il Professor Bernardi era il docente di matematica che, ripeto, era solo orale e contava assai poco, e di fisica che invece era molto curata. La Professoressa Luciana Politi Locatelli ci insegnava magistralmente Italiano e poi c’era lui, Il Professor Mario Santinelli di latino e greco un mostro di cultura classica, severissimo e da tutti noi assai temuto. Era detto “il raguseo” (epiteto “etnico” imparentato col più recente “genovese”, i cui significati viravano dal malvagio al tirchio) per la sua terribile avarizia nei voti. Era bravissimo e sapeva insegnare in modo incantevole, ma nella correzione dei compiti era implacabile, come anche nelle interrogazioni. Quelle di greco erano composte da un preliminare di dieci paradigmi di verbi irregolari da sapere tutti per accedere all’interrogazione vera e propria. Chi non superava il preliminare andava a posto con un bel quattro. Non perdeva mai un secondo e tentava regolarmente di rubarci qualche minuto di intervallo e di sottrarre ore ai colleghi. Un giorno ci comunicò che dovevamo fare un nuovo compito scritto ogni trimestre che contava come interrogazione: era la famigerata versione dal greco al latino. Fu un disastro e nessuno prese la sufficienza, mentre molti andarono pesantemente sotto lo zero. Intervenne il Preside che fece osservare al Professore che l’ordinamento scolastico non prevedeva voti sotto lo zero; fu allora che per questa categoria egli adottò lo zero “paccato”. Per nostra fortuna il tragico esperimento cessò dopo tre o quattro catastrofi. Anche l’ambiente e gli usi di allora erano molto lontani dagli attuali. Ci si rivolgeva ai professori chiamandoli con il titolo intero e non col prof. usato oggi; gli insegnanti in cattedra stavano sopra una pedana da cui controllavano meglio la classe;  al loro arrivo ci alzavamo accanto al banco e ci sedevamo solo quando ci era permesso. Essi si rivolgevano a noi, fin dal IV ginnasio con il Lei. Noi maschi dovevamo vestirci sempre in giacca e cravatta anche se faceva caldo, mentre le femmine e le insegnanti indossavano un grembiule nero. Le aule erano grandi e freddissime, riscaldate solo da una stufa di terra cotta alimentata da noi a turno con legna assai scarsa. I pavimenti delle aule erano di mattoni e i soffitti a canniccio. Non ho cognizione dei bagni femminili, ma i nostri erano, mi si perdoni il termine, ma non ne trovo un altro che renda l’idea, con i “cessi alla turca”, scomodi oltre ogni dire. Erano sempre sporchi perché la fretta nuoceva alla mira e la nebbia delle sigarette non aiutava certo. Un giorno trovammo un grosso cartello messo dal bidello, con scritto “Non dico che del buco dobbiate fare centro, ma figli di p…. fatela almeno dentro”. C’erano quattro bidelli: Danilo, il bidellus serviens che controllava il nostro abbigliamento al mattino e consegnava orrende cravatte unte ed emettenti miasmi indicibili a coloro che ne erano privi, ed era inoltre addetto alla campanella. C’era poi Umberto, detto bidellus sapiens, che preparava gli esperimenti scientifici collaborando con i professori nella loro esecuzione, e Otello, in studentesca antitesi il bidellus insipiens, addetto alle pulizie.

Gli esperimenti si svolgevano nell’aula di scienze, digradante perché tutti potessero vedere. C’era anche Teresina, temutissima e famosa per le sue grida contro gli studenti indisciplinati che conduceva brutalmente ed inesorabilmente dal preside. In fondo al corridoio c’era la cosiddetta “porta dell’inferno”, che ci divideva dal liceo scientifico e che per noi era invalicabile.

Anche se la scuola era dura, la disciplina ferrea e i bocciati tanti, si respirava comunque un’atmosfera goliardica che ci faceva sopravvivere. l ventitré dicembre, inizio delle vacanze di Natale, si svolgeva al salone delle feste del circolo cittadino, il gran ballo del liceo classico dove non erano ammessi alunni di altre scuole, anche se qualche temerario dello scientifico si imbucava. Erano presenti tutti gli insegnanti in pompa magna come eravamo noi, che ballavano tra loro e con gli studenti in un clima insolito di grande cordialità. C’era poi la gara di ballo di valzer, con l’assegnazione della coppa alla coppia vincitrice. Il tutto iniziava alle 16 e finiva alle 20. Eccoci ora al terzo anno che può essere definito solo come un inferno. All’esame portavamo tutte le materie dell’anno più un terzo dei programmi del primo e del secondo, con tutte le versioni dei classici fatte. Gli scritti comprendevano italiano, greco, latino- italiano e italiano latino. Ciliegina sulla torta, poiché non esistevano le fotocopie, il testo delle versioni  veniva scritto da un commissario d’esame sulla lavagna dalla quale dovevamo ricopiarla. Era quindi necessario studiare come matti fin dal primo giorno per imparare un immenso programma. Nell’intervallo tra scritti e orali lo studio era allucinante, senza un attimo di tregua. Garantisco che ancora, quando si dorme male per qualsiasi motivo, ricorre in tutti noi il sogno che si era perso il diploma di maturità e che bisognava rifare l’esame. L’orale si faceva in due giorni, uno per le materie letterarie e l’altro per quelle scientifiche. Si era interrogati per due, tre ore al giorno. Finito l’incubo degli esami, se promossi, avevamo l’enorme vantaggio di poterci iscrivere, senza alcuna prova d’ingresso, a tutte le facoltà. Ed essendo pochissimi, avevamo la certezza di trovare lavoro subito e dove volevamo. Carissimi ragazzi, il nostro liceo è cambiato con il cambiamento dei tempi, ma siate orgogliosi di frequentarlo, anche se è la scuola più difficile del nostro ordinamento scolastico, perché sarete ripagati delle vostre fatiche da una formazione mentale capace di analisi e sintesi, e da una abitudine allo studio che vi consentiranno di eccellere in qualsiasi disciplina vogliate specializzarvi. Come ho detto all’inizio, per fortuna le generazioni passano ma il nostro amato Liceo classico è sempre qui pronto ad accogliere e formare nuovi studenti perché possano vivere al meglio quella meravigliosa avventura che è la vita.

Giovanni Giampaolini

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