ippogrifo

Il “nonno” dell’Ippogrifo

Si chiamava “Il Torrione”, e fu – per quanto ne sappiamo – il secondo riuscito esperimento di giornale scolastico del nostro liceo, dopo il “Gazzettino” d’epoca fascista. Non longevo quanto il nostro “Ippogrifo”- che vanta dal 1984 a oggi ben 39 anni di pubblicazione -, ma attivo, ricco, partecipato, diffuso in tutta la città. Pubblicò i suoi numeri dal 1954 per non meno di dieci anni e fu terreno d’incontro e di scambio per le opinioni dei giovani di Jesi.

Sì, perché non si trattava di una pubblicazione esclusiva del Liceo classico, ma vi partecipavano tutte le scuole jesine: oltre al Classico, lo Scientifico (che all’epoca aveva sede presso i locali della nostra scuola), il “Cuppari”, istituto tecnico commerciale che è un’altra delle scuole “storiche” di Jesi, l’ITF (Istituto tecnico femminile poi diventato ITAS – ma si chiamava ancora così ai tempi di chi scrive), l’Istituto tecnico industriale (ITI), con liberi contributi di tutti gli alunni delle superiori che volessero proporre un articolo.

A gestirne i contenuti era il Movimento studenti jesino, associazione di giovani cittadina che aveva sede al numero 7 di Piazza Federico II, e sempre nella stessa piazza Federico II si trovava la tipografia Fava che lo stampava. In almeno due formati variati, per quanto ci è dato sapere: un agile 17×24 sfogliabile come un opuscolo e un alternativo 25×35 in forma di “tabloid”, con le stesse dimensioni (ma caratteristiche differenti) dell’attuale “Ippogrifo”.

Era un periodico con tanto di registrazione presso il Tribunale di Ancona, proprio come il nostro, e, a sfogliarlo, si incontrano tanti nomi conosciuti di nostri ex studenti che poi diventarono professori a loro volta, o avvocati, giornalisti, medici e professionisti nella città di Jesi. Solo per citarne alcuni (quelli che troviamo nelle copie in nostro possesso): Mario Santini e Marcello Pentericci (che si avvicendarono nel ruolo di direttore, Giovanni Mariottini e Leonello Lupi (vicedirettori), Francesco Bravi (amministratore), Carlo Cardinali (disegnatore), Stefano Pileri (agente pubblicitario: sì, perché il giornale aveva anche un rispettabile numero di inserzioni da parte di negozi e attività cittadine). Nella redazione troviamo tanti altri studenti di quegli anni: Giuliana Gianangeli, Cristina Locatelli, Rolando Romagnoli, Mario Barchiesi, Giovanni Filosa e molti altri. Chi è curioso non si preoccupi: con la sempre preziosa collaborazione dei nostri partners di Acca Academy, abbiamo fatto scansionare i numeri in nostro possesso, che dobbiamo al graditissimo dono del dottor Giovanni Giampaolini, alunno dal ’58 al ‘63 e autore dell’articolo che qui pubblichiamo sul Liceo classico di quegli anni; e li potete sfogliare sul nostro sito, ritrovando nomi e articoli di chi negli anni Cinquanta-Sessanta vestiva i panni (sobri) dello studente di scuola superiore in questa città.

“Il giornale è stato diviso in tre parti – recita la presentazione del numero rinnovato del novembre ’63 -: la prima parte contiene articoli di morale, di problemi giovanili, di cose serie, insomma, e importanti, intercalati da articoli umoristici per sminuire la pesantezza degli altri; la seconda parte contiene le pagine di istituto; la terza, infine, le rubriche”.

L’ispirazione del foglio era cattolica, e si prestava grande attenzione ai contenuti morali: i giovani e l’amore, il ruolo della donna (declinato in modo tradizionale), l’individuo nella società… Infatti, nell’articolo intitolato “Noi come siamo” del febbraio ’64, si proclamava (in maiuscolo) che il giornale era “GIOVANILE, perché fatto da giovani per i giovani, STUDENTESCO, perché studia e fa studiare i problemi che riguardano la scuola attuale e la società in cui viviamo, INDIPENDENTE, perché nessuno ci impone quello che dobbiamo fare o scrivere, CATTOLICO, perché esamina i problemi alla luce della Rivelazione Cristiana, che è poi l’unico modo per conferire, oggi come giovani, domani come adulti, un indirizzo autentico e responsabile alla nostra vita”.

I temi vertevano soprattutto sull’attualità: si parlava delle cose locali ma anche del MEC (Mercato comune europeo, antenato della nostra UE), di cui in un pezzo si vedeva in pericolo l’unità (già allora), si parlava di razzismo e della partita di pallone tra sezione A e B del Ginnasio, dei pregi delle classi miste e dei ruoli di ragazzi e ragazze nella scuola e nella vita.

Ma non mancavano pezzi goliardici, che con toni scherzosi portavano sulle pagine la rivalità anche sportiva tra Classico e Scientifico (un articolo degli studenti dello scientifico su una partita vinta contro i nostri liceali, con relativi “sfottò”) , tribune polemiche Tecnico-Liceo dal titolo “Un liceale visto da un tecnico” in cui si rinfacciava agli studenti del Liceo classico il loro fare da “Pater Eternis, che credono di capire omnia res e di aver noi “poveri figli della plebe” in pugno”. E si pungevano – da parte dei liceali – i colleghi del “Cuppari”: “Mi rinforzo le ossa perché possa sedere su di uno sgabello della Cassa di Risparmio. Non parlo di Catullo, ma guardo una cambiale con occhi lucidi di commozione” (insomma, c’è da divertirsi, per chi vuole). Diatribe tra geometri e ingegneri, dissertazioni in comico latino non poi così maccheronico “De bidellis”, articoli sui “Misteri all’ITF”, vignette, caricature, barzellette… e ancora, recensioni di libri, interviste ad attori come Macario e Valeria Moriconi, poesie, diari e molte altre cose.

Anche le inserzioni pubblicitarie “d’epoca” meritano di essere citate: rivolte agli studenti ma non solo a loro, le sponsorizzazioni venivano da negozi e attività cittadine ancora esistenti e aperte oggi, altre che ricordiamo bene (come la cartoleria “Fermì”), drogherie, scuole guida, fotografi. Ma non mancavano anche pubblicità di prodotti a livello nazionale, un’autarchica “penna Pelikano” e perfino la Vespa, che, disegnata in quarta di copertina con un liceale alla guida e una liceale come passeggera (accomodata in sella in attitudine compostamente “da amazzone”)  prometteva di compiere “il miracolo di abbreviare le vostre ore di studio e di allungare le ore di svago”.

Il Sessantotto era alle porte ma non era ancora venuto, e in queste pagine si respira in fondo un’atmosfera un po’ rétro che fa sembrare quei tempi non poi così lontani da quelli della generazione precedente. L’organizzazione sociale che si legge al di sotto era ancora serenamente efficiente nella sua continente rigidezza. Ma sono presenti anche stimoli nuovi, immagini vivaci, una grandissima vitalità, che racconta in modo suggestivo e a tratti tenero gli entusiasmi immutabili della giovinezza, le passioni emergenti, le speranze, lo spirito di chi queste pagine ha vergato agli albori del suo percorso da adulto, lasciandocele in eredità perché ci specchiamo in esse. Cogliendovi magari, anche, qualche spunto su noi.

Patricia Zampini