ippogrifo

In memoria del Professore

Il nostro liceo ha perso un altro dei suoi storici, grandi docenti di un tempo. Il 3 luglio 2015 è venuto a mancare il professor Piero Vittore Rabito, che per tanti anni, fino al 1990, aveva istruito e fatto crescere con competenza e passione generazioni di studenti.

Pubblichiamo di seguito un ricordo di alcuni di noi, un tempo suoi alunni affezionati e oggi professori nello stesso liceo, con tutto l’affetto e la riconoscenza per le tante ore della sua vita che ci ha donato, guidandoci nella costruzione di ciò che siamo.

 

Ricordo del Prof. Rabito

Il 3 luglio 2015 è scomparso il prof.Pier Vittore Rabito. Il  professore, docente di Latino e Greco  presso il nostro Liceo dal 1966 al 1990, ha formato tanti studenti, che usciti dal Vittorio Emanuele II dopo gli studi universitari, si sono distinti nel mondo professionale, non ultima la Presidente della Camera Laura Boldrini. L’umanità sorridente con cui si rivolgeva agli studenti è il primo tratto della sua personalità che gli allievi apprezzavano, qualità che, unita ad un approccio agli autori e ai temi letterari  mai banale, coinvolgeva e  stimolava al confronto e ad una riflessione di ampio respiro. “Capito bene questo?” Così era solito sottolineare  i passaggi più importanti delle sue spiegazioni. La  simpatia nei suoi confronti derivava anche da quella che si può definire “la distrazione dello studioso”, che noi studenti eravamo sempre prontissimi a notare, senza  che lui se ne avesse a male. Lo ricordo ancora quando, ad esempio, entrava in classe con la giacca macchiata dell’inchiostro del ciclostile – allora non c’era la fotocopiatrice – con cui preparava le copie delle nostre traduzioni di Latino e di Greco.   Ma il  professore era anche un attento osservatore  e conoscitore dell’animo umano, sapeva trattare con sensibilità i giovani adolescenti, che, ieri come oggi, dietro all’apparente spensieratezza, vivono un periodo dell’esistenza spesso problematico e sofferto. Per questo ha lasciato di sé e dell’esperienza scolastica un ricordo piacevole, anche in coloro il cui  percorso di studi è stato, per così dire, “accidentato”.

                                                                                                                                     Paola Giombini

 

Grazie, Professor Rabito

Davvero caro, il professor Rabito!

Lo chiamo “professore”, perché così lo chiamavamo, tutti i giorni, noi studenti negli anni ’70, quando non era ancora in voga l’attuale – e più confidenziale – abbreviazione di “prof”.

Eppure lui, con noi alunni, la confidenza l’ha sempre cercata, quella delicata e cordiale di un maestro che delle conoscenze sapeva trasmetterci sempre il loro senso , o aiutava noi a trovarlo.

L’esercizio, al quale ci faceva applicare, era per lui uno strumento, non tanto per valutarci, ma per conoscerci. Ricordo ancora bene quando mi chiamava – pure frequentemente!- per farmi tradurre latino o greco all’impronta, e poi, a parte, con acutezza sorprendente, mi rivelava aspetti della mia indole e persona che, nel pieno di quella età incerta che è l’adolescenza, io ignoravo; e mi aiutava a prenderne consapevolezza, proprio come farebbe un padre.

È stato davvero per me molto importante e anche ora che “faccio il suo mestiere” ha ancora tanto da insegnarmi!

Davvero grazie, caro professore!

Cinzia Pellegrini

 

 

Un maestro di cultura e di vita

“Laggiù in fondo, non cominciate a copiare appena avete in mano la versione. Fate come Zampini e la compagna di banco: loro prima traducono tutto ognuna per conto proprio, dopo controllano”.

Ricordo ancora il sorriso del professor Rabito che, durante un compito in classe, prese in giro con queste parole un nostro maldestro tentativo truffaldino, facendoci arrossire fino alla radice dei capelli, ma anche ridere dentro di noi per l’arguzia e la benevolenza con cui lo disse. Era uno che ti faceva capire le cose importanti con il garbo di una sola battuta, e tu gli davi retta e ti fidavi di lui non perché t’intimorisse, ma perché in quello che diceva avvertivi un punto di vista superiore, la serena consapevolezza di una persona saggia e umana. Spiegava con passione camminando per l’aula con grandi gesti nell’aria, e il libro lasciato a languire sulla cattedra lo degnava di poca considerazione: se mai, quando traduceva i testi – sempre all’impronta – se lo portava in giro sfogliandolo con fervore disordinato e si fermava ora su questa, ora su quella frase da commentare. Erano ore interessanti e vivaci: parlava disegnando immagini con le mani e costruiva per noi oggetti e mondi diversi, guardandoci con penetranti occhi azzurri. Tu capivi, quando guardava verso di te, che lui sapeva chi eri.

Il professor Rabito era una persona affabile e buona, competente e piena di energia. Io lo conobbi che era alla fine della carriera, nei miei anni liceali che furono belli anche perché era lui che ci spiegava il greco e il latino. Venivamo dal ginnasio e dalla scrupolosa e accurata preparazione dataci dalla moglie Clara – anche lei docente delle stesse materie, nella stessa sezione, con cui lavorò in perfetta sintonia per tanti anni -, e trovammo nelle sue lezioni entusiaste e caotiche il complemento dissonante e perfetto dello scrupolo metodico con cui eravamo stati tirati su. Perché il professore conosceva perfettamente la lingua e la grammatica, e si aspettava che i suoi alunni le conoscessero, ma quello che gl’importava veramente era farti andare oltre, a parlare di problemi e di idee. Ti lasciava entrare nel mondo degli autori antichi, ti raccontava storie e ti faceva domande, riempiendoti la mente di interrogativi. E spesso, dopo averti interessato a un problema con un vortice di riflessioni diverse, non ti dava lui la risposta, e chiudeva in due parole il discorso dicendoti con un sorriso che dovevi pensarci a casa. Noi ci arrabbiavamo, per questo, perché ormai ci eravamo appassionati e volevamo avere la soluzione, ma lui faceva finta di niente e tornava alla cattedra, e cominciava a parlare di un’altra cosa. Solo anni dopo ho capito perché lo facesse.

Bisognava essere anche un po’ come lui, per farsi contagiare dalla stessa passione. Era una persona veramente cara e brava, oltre che molto preparata. Negli ultimi anni di insegnamento diceva a volte che faticava a farsi capire, dagli alunni di oggi. Destino inevitabile di ogni prof., il tempo passa e le generazioni cambiano, tu cresci, vai avanti con gli anni, e loro hanno sempre la stessa età. Passa anche la scuola a cui ci si è formati, cambiano le idee e le teorie. Però quello che non cambia, quello che in fondo resta, è l’impegno sincero e amorevole con cui ci si è spesi per gli altri. Quello che il professore ha fatto tutta la vita, guidando generazioni di studenti ad affacciarsi alla soglia del loro sapere e del loro formarsi come persone. Quello che ha lasciato in noi, che siamo stati suoi allievi, e che di lui ricordiamo con tanta gratitudine.

Patricia Zampini