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Incontro con gli studenti e le studentesse del Liceo ebraico “Renzo Levi” di Roma

Le visite di istruzione sono momenti molto importanti per ragazzi e ragazze, circostanze in cui si rafforzano alcune amicizie e se ne creano altre, nonché strumenti educativi particolarmente apprezzati dalle classi e dai docenti. Sono attività ricreative e momenti formativi che trasformano in esperienza quanto appreso dai libri di testo.

Dopo aver studiato la cultura e la religione del popolo ebraico nel trimestre, le classi 2A e 2B (il 23 gennaio) e le classi 2F e 2G (il 26 gennaio) hanno partecipato a una visita di istruzione al quartiere dell’ex ghetto ebraico di Roma.

Qui gli studenti e le studentesse si sono recati al Liceo ebraico “Renzo Levi”. La scuola ha tre indirizzi: Scientifico, Linguistico e Scienze umane. È una scuola parificata che unisce alle materie curricolari proprie degli indirizzi di studio, percorsi di conoscenza della cultura, della religione e della lingua ebraica.

L’incontro con le classi del Liceo ebraico è stato particolarmente interessante; gli alunni sono stati accoglienti e disponibili al confronto. È stata per tutti un’esperienza molto coinvolgente e un modo efficace per creare dialogo tra ragazzi e ragazze a partire da religioni, culture e usanze diverse. Sentire spiegato e vedere vissuto quello che era stato appreso nell’ora di Religione è stato un arricchimento e un approfondimento che hanno aperto nuove prospettive e sensibilità. Si è parlato insieme dello Shabbat, della Kasherut, della profondità della cultura ebraica, di cosa significhi essere ebrei in Italia, di come i ragazzi vivono oggi l’appartenenza all’ebraismo, degli stereotipi e dei pregiudizi che ancora esistono nell’immaginario collettivo e che feriscono gli ebrei.

Dopo il pranzo al ristorante kasher (che segue cioè le regole dell’alimentazione ebraica), le classi hanno fatto una visita guidata al museo ebraico e alla sinagoga, ritrovando oggetti e simboli studiati in classe.

Giorgia Orianda, IIA LC A.S. 2022/2023

LA KASHERUT: le prescrizioni alimentari ebraiche

L’ebraismo indica diverse prescrizioni alimentari. Esse traggono origine dai precetti biblici e rabbinici ed hanno valore per gli ebrei osservanti semplicemente in quanto precetti di Dio: servono alla santificazione dell’esistenza e sono parte dell’identità ebraica.

Il termine kosher o kasher significa “adatto”, “buono” ed indica un cibo che può essere mangiato. La kasherut , cioè l’insieme delle prescrizioni alimentari, mette quotidianamente in comunicazione l’uomo con Dio e dà forza sia al corpo che all’anima.

Queste regole trovano la loro origine nella Torah, il testo sacro degli ebrei, e vengono poi elaborate e definite dalla riflessione rabbinica. Per esempio non possono abbinare carne e latte perché nella Torah viene detto “Non cucinerai il capretto nel latte della madre” ( Esodo, 23,19), versetto che viene interpretato dai rabbini come necessità di non unire un principio di vita, il latte, ad un principio di morte, la carne. Dunque carne e latte (e i cibi che li contengono) non possono essere mangiati in combinazione tra loro durante lo stesso pasto. I ristoranti kasher o cucinano cibi a base di carne o a base di latte.

Inoltre, in base a precise disposizioni bibliche (cfr Levitico 11), esistono animali considerati puri, dei quali ci si può cibare, mentre altri sono ritenuti impuri. Per quanto riguarda gli animali terrestri, la regola che ne stabilisce la purità è: ci si può cibare della carne di animali ruminanti dotati di zoccolo diviso. Sono quindi permessi bovini ed ovini, ma non gli equini (ruminanti ma senza lo zoccolo diviso) e i suini (dotati di zoccolo diviso ma non ruminanti). E’ proibita anche la carne di lepre, di rana e dei predatori, mentre è permesso tutto il pollame.

Sono permessi tutti i vegetali e le uova; del pesce solo quello che ha sia le pinne che le scaglie. Sono quindi proibiti crostacei e molluschi.

Durante l’uscita didattica a Roma abbiamo pranzato da Su ghetto nel quartiere ebraico: è un ristorante kasher che cucina carne e quindi nessun latticino. Abbiamo assaggiato i carciofi alla giudia, l’hummus e la concia, preparata con zucchine fritte e successivamente marinate. Di seguito abbiamo mangiato una pasta all’ amatriciana rivisitata: non essendo permessa la carne di maiale, quella utilizzata per il sugo era di anatra.

Per approfondire questo argomento abbiamo fatto domande ai ragazzi durante l’incontro al Liceo ebraico. Abbiamo inoltre chiesto a due ragazze ebree, che abbiamo conosciuto durante l’esperienza a Roma, in che modo vengono seguite le regole alimentari nell’ebraismo:

“Non tutti viviamo la kasherut allo stesso modo, molti rispettano le regole mentre altri no. Io personalmente ho deciso di rispettarle tutte.” [Maayan]

“Inizialmente non le rispettavo al 100%, mentre ora solo molto più legata a questo stile di vita. Nei primi periodi non è stato facile, poi con il tempo ho capito che era un valore aggiunto e ho accettato la cosa con piacere.” [Michal]

Irene Abbatelli, Sofia Mattioli, II G LSU A.S. 2022/2023

Lo Shabbat

Il sabato, per gli adolescenti di oggi, è una giornata importantissima: rappresenta una valvola di sfogo, la fine della lunga settimana di studio e di impegni, il momento in cui ci si può divertire e uscire con gli amici, senza badare troppo agli orari perchè il giorno dopo non bisogna alzarsi presto per andare a scuola. Per i più tranquilli, può essere un giorno di riposo per dedicarsi alle proprie passioni, magari vedere un film o passare del tempo con i propri familiari.

Ma cos’è il sabato per un adolescente ebreo? Cosa lo differenzia dal nostro normale sabato?

Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. (Genesi 2, 2-3)

Nella lingua ebraica il sabato è chiamato Shabbat, termine che deriva dal verbo Shevat, ovvero “cessare”: infatti il sabato ebraico implica la cessazione di qualsiasi attività lavorativa e dunque il riposo. Questo perché secondo il racconto della creazione in Genesi, Dio ha impiegato sei giorni a creare tutto, e il settimo ha smesso. Il sabato, per gli ebrei, non si limita ad essere un giorno piacevole e atteso della settimana, ma è una vera e propria festa, anzi, la più importante del calendario ebraico. Lo Shabbat rende ogni essere umano uguale all’altro: tutti infatti, nessuno escluso, hanno diritto a riposare; questo perché per sei giorni consecutivi le persone lavorano occupandosi di “cose materiali”, invece in questo giorno possono dedicarsi a loro stessi, ai loro familiari e amici, alla comunità, mettendo da parte l’ossessione dell’attività produttiva.

Tra i “fini” dello Shabbat c’è quello di stabilire un limite al dominio dell’essere umano sulla natura. In particolare, astenendosi da qualsiasi atto “creativo” che in qualche modo comporti delle modifiche, si consente lo svolgimento dei processi naturali. Per questo, ad esempio, durante il sabato ebraico è proibito accendere il fuoco, e quindi cucinare, o spostarsi utilizzando la macchina o altri mezzi di trasporto. Questi divieti fanno parte dei precetti negativi che rientrano nel precetto “osserva il giorno del sabato per santificarlo”. L’altra categoria di precetti da seguire per rispettare l’osservanza dello Shabbat, è quella dei precetti positivi, che implicano delle azioni da compiere e rientrano nel precetto “ricorda il giorno del sabato per santificarlo”. Infatti, lo Shabbat non è caratterizzato solo da divieti, ma durante questo giorno gli ebrei osservanti sono soliti ripetere azioni come l’accensione della lampada sabbatica per accogliere il sabato, la recitazione del Kiddush, ovvero la santificazione della festa attraverso il vino, l’indossare abiti migliori, dedicarsi alle relazioni familiari e amicali.

Ma chi meglio di un adolescente ebreo può parlarci dello Shabbat?

Ho intervistato due studentesse del Liceo “Renzo Levi” di Roma, conosciute durante la visita di istruzione. Questa scuola promuove il patrimonio educativo e culturale della Comunità Ebraica di Roma, di cui è parte integrante.

Come trascorri lo Shabbat? Descrivi una tua giornata tipo

“Lo Shabbat inizia al tramonto del venerdì sera fino al tramonto del giorno dopo. Appena il venerdì esco da scuola è sempre un po’ una corsa: infatti appena torno a casa dormo un po’, poi mi lavo, mi preparo e spesso studio per avvantaggiarmi, in quanto durante lo Shabbat non posso farlo. Una volta finito, accendo le candele con mia madre (secondo la tradizione siamo noi donne a farlo): questo rito determina l’inizio dello Shabbat e lo separa dal tempo normale. Poi vado al tempio, cioè in sinagoga a pregare, anche se non tutti la fanno, e magari se il tempo lo permette faccio anche una passeggiata prima di cena. Tornata a casa mangio insieme alla mia famiglia e vado a dormire presto. Poi la mattino mi alzo, mi preparo e mi dirigo verso il tempio dove sto insieme ad amici e familiari. Quello è proprio un bel momento. Inoltre, grazie all’assenza di cellulari e distrazioni varie, riesco a godermelo ulteriormente! Il resto della giornata lo dedico a me, infatti di pomeriggio non faccio altro che riposarmi, per poi accendere nuovamente le candele a fine giornata, questa volta per determinare la fine dello Shabbat.”

“Appena inizia lo Shabbat, il venerdì al tramonto, ceno con la mia famiglia. Per l’occasione vengono a casa i miei nonni e i miei cugini. A tavola parliamo, mangiamo i piatti tipici dello Shabbat e passiamo un bellissimo momento. Il giorno dopo mi sveglio verso le nove per poi andare al tempio, dove si prega e si sta insieme; poi c’è anche un piccolo brunch dove mangiamo in compagnia prima di tornare a casa. In seguito, pranzo con la mia famiglia riunita fino alle tre circa, per poi uscire a fare una passeggiata, magari incontrandomi con i miei amici (in caso, ci mettiamo d’accordo prima dell’inizio dello Shabbat). Poco prima del tramonto, c’è l’havdalah, ovvero il momento in cui “esce lo Shabbat” e quindi finisce: per celebrarlo preghiamo nuovamente insieme.”

Cosa rappresenta per te questa festa?

“Lo Shabbat è una festa ma per me ormai è quotidianità, nonostante sia sacro e aspetto tutta la settimana il suo arrivo. Infatti, chi non fa Shabbat non si rende conto di quanto questo sia benefico, chi lo fa invece, una volta che ha iniziato non può più farne a meno. Può sembrare una regola pesante da seguire, ma al contrario, a parer mio, questo giorno di riposo serve a rilassarsi, a far scivolare via tutta la fatica accumulata durante la settimana.”

“Per me più che una festa lo Shabbat è letteralmente una giornata di riposo. In questo giorno stacco la mente, mi dedico a me, alla mia famiglia e alla preghiera. Lo Shabbat è un giorno magico che si contraddistingue dagli altri giorni della settimana; in questa giornata mi ricordo che Dio si è riposato dopo aver creato il mondo, e così come lui, devo anch’io riposarmi dopo aver creato tutto ciò che ho fatto durante la settimana. Durante lo Shabbat ho l’opportunità di vivere il mio ebraismo al cento per cento e capirne a pieno la sua bellezza.”

E’ vero che non potete utilizzare il telefono o altri mezzi di comunicazione? Se sì, è difficile per te rispettare questa regola?

“Sì è vero, non si possono usare il telefono o altri mezzi di comunicazione. Infatti sono molti a non fare Shabbat proprio per questa regola, in quanto al giorno d’oggi fare a meno di internet è difficile, nessuno ci rinuncerebbe, chi per motivi lavorativi, chi di svago. Quante sono le persone che sono solite spegnere il telefono per una giornata intera? Le conoscete? Penso la risposta sia no, tranne magari qualche rara eccezione. Anche questo mi incoraggia ad abbandonare il cellulare per un giorno, mi sento infatti un po’ speciale in quanto in grado di farlo. Inoltre questa regola non mi pesa perché sono consapevole che posso utilizzarlo durante tutto il resto della settimana e disintossicarmi per un giorno fa solo bene. Poi sia chiaro, essendo della comunità ebraica non è che di sabato ci sia chissà quale socialità! Perciò secondo me conviene farlo.”

“È vero, non si può accendere il telefono durante lo Shabbat. Personalmente vivo molto bene questa regola, anche se inizialmente è stato difficile abituarmi: una ragazza di diciotto anni oggi ha difficoltà a stare senza cellulare. Una volta superato il passo dell’abituarsi a questa regola, si realizza quanto lo Shabbat, senza telefono e distrazioni varie, sia un momento bellissimo: si passano sei giorni consecutivi attaccati al telefono, alla tv, a pensare a svariate cose e preoccuparsi di altre, per poi arrivare allo Shabbat, dove puoi smettere di pensare a tutto, puoi staccare la mente e riposarti nel vero senso della parola.”

Quali altri “sacrifici” si devono fare durante lo Shabbat? Li ritieni tali, o credi che si possa fare a meno di queste cose per un giorno?

“Una premessa, io non li considero dei sacrifici, comunque ciò che gli ebrei non possono fare durante lo Shabbat è: accendere il fuoco, e di conseguenza anche la luce, lavarsi con l’acqua calda (anche se esiste una strana caldaia che prepara l’acqua calda senza utilizzare il fuoco, ma io non la ho e mi tocca utilizzare l’acqua fredda), e poi non si può cucinare, bisogna infatti prepararsi i pasti il giorno prima.”

“Ci sono altre cose che non si possono fare in quanto comportano delle fatiche, come ad esempio cucinare o accendere la luce. Ma dove sta la fatica nell’accendere la luce? Beh, ovviamente non c’è, però quest’azione simboleggia il lavoro e non farlo implica il doversi dedicare al riposo. Un altro sacrificio che dobbiamo fare è quello di non poter scrivere, e quindi studiare, per poi doverlo fare di domenica senza potersi avvantaggiare. Ma in realtà durante lo Shabbat sei così immerso nel tuo mondo, nella tua religione che nemmeno ci pensi a dover fare i compiti. Ti ritrovi nel vivo dello Shabbat che ti dimentichi anche delle cose a cui abitualmente fai attenzione, come appunto studiare, e sei pieno di un senso di sollievo.”

Qual è la cosa che preferisci dello Shabbat?

“Il momento che preferisco dello Shabbat è la mattina, quando vado a pregare nel tempio, anche se ultimamente, essendo in quinto superiore e dovendo studiare molto, spesso sono molto stanca. La prima cosa bella però è che non devo svegliarmi prestissimo e controvoglia, mi alzo quando capita, verso le nove e mezza (la sveglia infatti non si può impostare durante lo Shabbat). Poi nel tempio incontro anche le mie amiche e il mio ragazzo. Il momento che preferisco in assoluto è la fine della mattinata, quando dopo le preghiere del tempio si fa una sorta di aperitivo, con un grande banchetto pieno di cibo: noi lo chiamiamo Kiddush perché viene subito dopo un rito che siamo soliti fare utilizzando il vino. Il Kiddush è un’occasione per stare insieme, parlare e divertirsi.”

“La cosa che preferisco dello Shabbat è sicuramente la possibilità di passare del tempo con la mia famiglia. Infatti durante la settimana trascorro poco tempo con loro, perché i miei genitori lavorano, i nonni sono impegnati, io e i miei fratelli andiamo a scuola e studiamo. Perfino a pranzo ci vediamo poco perché spesso esco tardi da scuola. Lo Shabbat è quindi un giorno in cui posso dedicarmi interamente a loro, vivendo al massimo questo momento senza le distrazioni create da telefoni e televisioni.”

Ringrazio Maayan e Michal, le due ragazze che hanno collaborato con me e reso possibile questa intervista.

Lara Fabbretti, IIF LSU A.S.2022/2023