ippogrifo

Un mare di plastica

Sul ponte della sua nave, Odisseo osservava l’orizzonte quando una forma immensa emerse dalle onde. Era la Plastifera, la cui vasta stazza ombreggiava la nave come un temporale estivo. Il mostro sbuffava attraverso narici fatte di cannucce, e la sua voce era un grido dissonante di lamenti marini.

“Chi osa inquinare le mie acque?”, tuonò la creatura, i suoi occhi di bottiglia fissi su Odisseo e il suo equipaggio.

Odisseo, con il cuore pesante per la vista di tanta rovina, rispose con voce ferma: “O creatura delle profondità, sono Odisseo di Itaca, e non desidero la distruzione per questi mari. Mostraci come possiamo sconfiggere questo flagello che noi stessi abbiamo creato.”

La Plastifera ruggì, agitando i suoi enormi tentacoli. “Molti tra voi umani non vedono né si curano della distruzione che lasciano dietro di sé. Ma se sei sincero, Odisseo, allora aiutami a liberare le acque che sono la mia casa.”

Con coraggio, Odisseo e i suoi uomini si avvicinarono al mostro, non con spade e lance, ma con reti fatte di materiali riciclati, progettate per catturare e rimuovere i detriti di plastica senza danneggiare la vita marina. Lavorarono fianco a fianco con la Plastifera, che usava i suoi vasti tentacoli per raccogliere le reti piene e gettarle su una nave preparata per riportarle a terra, dove la plastica poteva essere riciclata o smaltita correttamente.

Dopo molte ore, le acque intorno a loro iniziarono a schiarirsi, e la Plastifera stessa sembrava diventare meno minacciosa, i suoi contorni più definiti e meno caotici. Con un ultimo ringhio che più che di rabbia sembrava di ringraziamento, il mostro si immerse nelle profondità, lasciando Odisseo e i suoi uomini stanchi ma speranzosi.

Odisseo, guardando l’acqua ora più chiara, capì che ogni viaggio, anche quello di ritorno a casa, può portare con sé la responsabilità di guarire ciò che è stato danneggiato, sia esso la terra di Itaca o i vasti e profondi mari del mondo.

Simone Piangerelli, I F LSU 2023/2024