ippogrifo

Venticinque anni dopo

(Intervista al Prof. Ramini per il quarto di secolo del giornale, nel 2009)

Aprendo il nostro nuovo giornale on line, riproponiamo oggi l’intervista al primo Direttore de L’Ippogrifo, il compianto Prof. Antonio Ramini, uscita nell’edizione cartacea dell’anno 2009, per i 25 anni del giornale.

L’ Ippogrifo, giornale scolastico del nostro Liceo classico, è nato nel 1984 ad opera di alcuni docenti e quest’anno ha raggiunto il venticinquesimo anno di vita.

Per ricordare l’Anniversario de L’Ippogrifo, cinque lustri di esistenza, abbiamo incontrato uno dei suoi ideatori e fondatori, il Prof. Antonio Ramini, storico docente di lettere classiche del nostro Liceo, che si occupò a lungo del giornale e che ancora ne parla con passione.

In quale occasione e per quali ragioni nasce il giornale?

L’ Ippogrifo nasce nel 1984, in seguito ad un certo clima storico che è necessario introdurre per capirne l’avvio.

Intorno agli anni Ottanta, al Liceo Classico ci fu un calo piuttosto vistoso di iscrizioni cui corrispondeva un altrettanto forte boom di frequenze al Liceo Scientifico. Si affrontò la questione tra i docenti: ‘Come mai questo calo di studenti al Classico?’. I motivi erano molti, il prevalente fu il maggior orientamento dei ragazzi verso gli studi scientifici.

Si pensò allora di proporre e di avviare una serie di nuove iniziative.

Ad esempio, in occasione dell’Anno Virgiliano, caduto proprio in quel periodo, promovemmo delle conferenze su Virgilio. Questi incontri non erano rivolti soltanto agli studenti del Classico, ma anche a tutti quelli della città. Le conferenze furono condotte dagli stessi docenti del Classico, tra cui il sottoscritto, che idearono l’iniziativa. Queste lezioni furono presentate anche agli studenti della Scuola Media. Fu organizzata un’iniziativa molto interessante dedicata alle “Stanze di Enea” di Palazzo Pianetti, in cui illustravamo le pitture ispirate all’Eneide anche mediante diapositive e la pubblicazione di un volumetto dedicato a Virgilio.

Venne così a crearsi un clima di collaborazione piuttosto forte tra un gruppo d’insegnanti.

Io da parecchio tempo collaboravo alla rivista “Jesi e la sua Valle” poiché avevo interessi giornalistici e venivo pensando ad un giornale scolastico che potesse vedere insieme, attivamente al lavoro, professori e studenti. Il giornale scolastico ideato avrebbe dovuto raccontare la vita culturale della Scuola ed avrebbe avuto il compito di pubblicizzare l’Istituto e quindi richiamare nuovi allievi, mostrando il meglio degli studi classici e la loro attualità. Per questo, nel 1984, d’accordo con un gruppo di docenti e con il vicepreside Prof. Claudio Branchesi, docente di Matematica, fondammo il giornale. L’ Ippogrifo è nato per coagulare e stimolare gli interessi giornalistici dei ragazzi e dei professori.

Ricorda, oltre a Lei, il gruppo docenti promotore?

Il primo personaggio che merita di essere ricordato a proposito della storia de L’Ippogrifo è il Prof. Claudio Branchesi, vicepreside, che sosteneva con convinzione il progetto e con il quale sono andato al Tribunale di Ancona per registrare il nuovo giornale che, grazie a questo è una testata giornalistica come tutte le altre, poiché è stato legalmente riconosciuto.

Tra gli altri professori che collaborarono validamente ricordiamo la compianta Prof.ssa Luciana Locatelli, docente di Italiano e Latino, che con grande competenza ed entusiasmo, partecipò subito all’idea e di cui voglio ricordare un articolo interessante dedicato a “Manzoni e ai bambini dei Promessi Sposi” pubblicato appunto nel Numero Manzoniano.

Debbo ricordare anche la Prof.ssa Giacomina Bini, docente di Latino e Greco; il Prof. Giovanni Mogioni, docente di Storia e Filosofia e il Prof. Attilio Coltorti, docente di Storia dell’Arte e critico artistico. Queste furono le figure di riferimento più importanti, ma in occasione di numeri monografici, come quello dedicato a Leopardi ed a Manzoni, parteciparono anche altri colleghi, tra cui il Prof. Piero Rabito. Nel primo numero de L’ Ippogrifo era presente un articolo estremamente interessante del compianto Prof. Adolfo Ambrosi che trattava dei negozi nel centro storico di Jesi.

Gli studenti del tempo hanno sostenuto il progetto?

Gli studenti erano stati stimolati a partecipare fin dal primo numero. Quando si decise di pubblicare L’Ippogrifo fu creato un comitato di redazione. In un’assemblea d’Istituto i ragazzi furono informati dell’iniziativa ed essi stessi elessero i propri rappresentanti al comitato, composto, in parti uguali, da studenti e docenti, con gli stessi doveri e diritti, cui si aggiungeva il presidente che all’epoca ero io. Gli studenti, quindi, parteciparono alla vita del giornale fin dal primo numero, con grande interesse.

C’è stato un giornale di riferimento e un modello editoriale cui ci si è ispirati?

Non c’è un giornale di riferimento: l’Ippogrifo fu ideato da noi così, senza guardare ad altre testate. È indubbiamente un giornale scolastico, dato che doveva esprimere quelli che erano gli argomenti e la vita della scuola, ma non aveva un modello editoriale cui ispirarsi. Abbiamo pensato, fin dall’inizio, di creare un giornale di carattere culturale che affrontasse motivi non localistici, anche se non era esclusa la materia locale per personaggi e momenti storici di Jesi.

Fin dall’inizio ho pensato di spaziare con il giornale attraverso larghe tematiche culturali.

Ho letto un suo intervento circa Don Costantino Urieli nell’omonimo libro, da lì appare chiara l’impostazione voluta per L’Ippogrifo. La vuole ricordare?

Mons. Costantino Urieli, compianto professore di Religione e Direttore  del settimanale diocesano Voce della Vallesina, avrebbe desiderato che il giornale del Liceo Classico avesse un carattere più localistico, ma gli si obiettava già l’ampia presenza di giornali locali, uno dei quali diretto proprio da lui. Quindi si pensò ad una impostazione culturale più aperta.

C’è una ragione particolare per la scelta del nome L’Ippogrifo, animale mitologico e letterario?

Ippogrifo, mitico cavallo alato con cui Astolfo va sulla Luna per recuperare il senno di Orlando, ha sempre rappresentato il sogno, la chimera. Il cavallo alato è ricordato anche in una poesia di Pascoli, Romagna. L’ Ippogrifo rappresenta il sogno, il mito, e così il giornale doveva esprimere gli ideali dell’Istituto, l’anelito della Scuola stessa. Il nome del giornale aveva qualcosa di romantico e di ideale, quasi fiabesco, qualcosa che trascende la realtà, così come la Scuola dovrebbe stimolare il senso della fantasia del ragazzo e dargli una visione più ampia della vita.

Mi vorrebbe segnalare un numero degno di nota, sopravvissuto nel suo ricordo?

Ricorderei due numeri, dedicati a Manzoni, per il bicentenario della nascita, e a Leopardi, nel centocinquantesimo anno della morte. Questi numeri ci sono costati molta fatica. Il numero manzoniano è stato apprezzato e posto nella Biblioteca del Centro Studi Manzoni di Milano, segnalato come una delle pubblicazioni più interessanti edite durante le celebrazioni. In questo numero ci sono diversi articoli di pregio, ho già ricordato quello della Prof.ssa Locatelli, ma segnalare dei nomi non mi sembra rispettoso, poiché ce ne sono stati molti e tutti interessanti, compresi quelli degli studenti. Allo stesso modo, il numero dedicato a Leopardi ha trovato collocazione nella Biblioteca del Centro Studi Leopardiani di Recanati.

Oltre a questo, voglio richiamare la presenza assai gustosa dei vignettisti. Fin dal primo numero io stesso fui rappresentato a cavallo di un Ippogrifo, vignetta cui ne seguirono altre, come quella dedicata alla rappresentazione umoristica del Preside William Bernardi e di altri professori. Non mancava, quindi, la componente umoristica e satirica a testimoniare una sostanziale libertà concessa agli studenti.

Tra le varie rubriche del giornale, ce n’è stata una di maggior interesse?

C’era una rubrica dedicata al Cinema tenuta da studenti che si interessavano di cinematografia: questa era una rubrica fissa. Spesso vi erano anche delle recensioni librarie.

Che cosa auspica per il futuro del giornale?

Vedo che il giornale ha continuato la sua gloriosa esistenza per merito dell’impegno di altri docenti e studenti, quindi è arrivato al venticinquesimo anno di vita. Tutti sanno quanto ci voglia per portare avanti un giornale: è infatti un impegno fortissimo. Ora, con l’uso del computer, si lavora con maggior agio, ma ricordo che per molti anni portai valigie di libri in tipografia da cui prendevo foto e figure. Non solo, ma quello in tipografia era un lavoro davvero arduo perché consisteva in tagliare ed incollare, fino a realizzare il menabò. Quindi si trattava di trascorrere in piedi molte notti; era un lavoro che portavo avanti anche grazie all’aiuto di alcuni studenti.

Il taglio che io avevo dato al giornale era di carattere culturale, adesso vedo che si è aperto ad altri interessi. Questo è indubbiamente positivo, perché una pubblicazione di questo tipo deve sapere esprimere momenti particolari della vita dell’Istituto. Il fatto che ci siano tanti ragazzi che scrivono poesie è molto positivo, come chi presenta disegni o articoli: questo è indice della vivace partecipazione degli alunni stessi al giornale.

Visto lo sviluppo delle nuove tecnologie, crede che un’edizione on line possa affiancare quella cartacea?

Circa le nuove tecnologie e l’eventuale edizione on line de L’Ippogrifo, non saprei, ma vero è che oggi Internet è così importante che se il giornale andasse in rete vorrebbe dire che ci saranno lettori diversi da quelli che eravamo abituati ad avere prima; a quel tempo il giornale lo diffondevamo a tutte le scuole di Jesi e a quelle di altre città marchigiane.

Concludendo?

L’ Ippogrifo ebbe il riconoscimento di rivista seria e ben costruita anche dall’Università di Bari, cui inviavamo le varie copie. Il giornale è stata una delle interessanti iniziative con cui si è cercato di svecchiare la scuola. L’ Ippogrifo non avrebbe potuto continuare fino ad oggi se non ci fosse stato il clima di fattiva collaborazione tra insegnanti e studenti propria del Liceo Classico che c’era allora e che continua ancora oggi.

Grazie Professore.

Sara Palmolella